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Processo a don Pietro Valgimigli detto don Stiflòn
Programma di sala
​

Con il patrocinio di
 
Accademia degli Incamminati di Modigliana
Comune di Tredozio
Comitato della Romagna Toscana per la Promozione dei Valori Risorgimentali
 
Palazzo Fantini - Tredozio
Sabato 29 settembre 2018 - ore 16.30
  
Processo
a don Pietro Valgimigli detto don Stiflón (1823 - 1885)
prete della Romagna Toscana
 
 Ricostruzione storica sulla base dei documenti contenuti nel libro
Facinorosi Pontifici - Storie di briganti e manutengoli (per tacer del prete)
fra Legazioni e Granducato di Toscana
di Pier Luigi Farolfi
  
Collegio giudicante
 
Presidente: avv. Luigi Cesare Bonfante, giudice onorario presso il Tribunale di Ravenna
Giudici a latere: avv. Giancallisto Mazzolini, avv. Gianfranco Fontaine, avv. Rosaria Tassinari sindaco di Rocca San Casciano, prof.ssa on. Simona Vietina sindaco di Tredozio

Giuria popolare
il Pubblico

Pubblico Ministero
avv. Roberto Roccari, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Forlì Cesena

Difesa
avv. Lorenzo Valgimigli, penalista

Cancelliere
dott. Iacopo Versari


Testimoni:
 
Pellegrino Artusi
rag. Giuseppe Mercatali, segretario Accademia degli Incamminati di Modigliana

Giuseppe Vannucchi
sottoprefetto di Rocca S. C.
dott. Massimo  Frassineti

Savino Savini
contadino a Senzano
dott. Luigi Pieraccini, già sindaco di Castrocaro e Terra del Sole e discendente di una vittima dei briganti

Andrea Leoni
speziale di Tredozio
prof. Claudio Samorì, già sindaco di Modigliana

mons. Mario Melini
primo vescovo di Modigliana
prof. Quinto Cappelli,  giornalista e storico

Giuditta Villa
domestica di  don Stiflón
Maria Cristina Rossi, assessore Comune di Modigliana

Anna Monti in Ghetti
amante di don Stiflón
prof.ssa Maria Grazia Nannini

don Pietro Valgimigli detto don Stiflón
ing. Luigi Marchi, già sindaco di Tredozio
 
​
Coordinatore
prof. Quinto Cappelli

Relatore
Pier Luigi  Farolfi, autore

i Ciapa Cialdini
Gruppo Cantastorie modiglianese


Colpevole o innocente?
 
Chi è don Pietro Valgimigli detto don Stiflón nato a Modigliana nel 1823 e parroco di San Valentino dal 1847 al 1854? un giovane prete di bell'aspetto, di buona cultura e di forte personalità con un'attrazione fatale per il rischio, i denari e le donne concupite e sedotte dal suo focoso temperamento.
Suoi complici sono il Passatore, Lisagna e Lazzarino, briganti classificati come facinorosi pontifici dal governo granducale, che lui tradisce uccidendo con l'inganno Lisagna, il Calabrese e Cesarino.
Riscuote i premi delle taglie, si impadronisce del loro bottino, rinuncia alla parrocchia in cambio una pensione di mille lire annue e si trasferisce a Tredozio dove dà libero sfogo alla sua grande passione: le donne.
Sono molte le donne sedotte dal suo temperamento e la voce pubblica spettegola che molti degli ultimi bambini nati a Tredozio gli assomiglino.
Ma le donne sono anche la sua rovina e il 15 gennaio 1858 viene arrestato e condannato per traviata condotta a tre anni di reclusione, che sconta nel carcere delle Murate a Firenze.
Quando esce si rifugia in una parrocchia di Reggello nel Casentino, poi si trasferisce a Cortona dove è nominato economo spirituale della parrocchia di San Lorenzo a Rinfrena. Qui muore il 30 gennaio 1885.
 
Il processo
 
Oggi riapriamo il caso  di questo complesso ed enigmatico personaggio che all'epoca fu condannato senza avere la possibilità di difendersi e poi esiliato per sempre dalla sua terra natale.
Giuste o sbagliate che fossero le ragioni che portarono a queste conclusioni noi oggi vogliamo cercare di capire e valutare le molte accuse e le poche difese e dargli la possibilità di esporre anche il suo punto di vista per giungere alla fine di questo confronto con una sentenza definitiva emessa dal Collegio giudicante qui insediato.
 
Partecipa alla giuria popolare
 
Esprimi anche tu il tuo giudizio. Alla fine del processo potrai decidere il destino di don Stiflón: colpevole o innocente?


Tredozio, antico castello dei conti Guidi, è un Comune che fa parte della Romagna Toscana, fino al 1923 sotto la Provincia di Firenze, e delle due regioni conserva molte caratteristiche sociali, storiche e culturali.
Il suo territorio è compreso nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Oggi è una comunità ricca di piccoli imprenditori ed artigiani, sia nei mestieri antichi e tradizionali sia nel settore calzaturiero, una peculiarità locale. È anche una piacevole località di soggiorno estivo.
 
L'Accademia degli Incamminati di Modigliana - fondata nel 1660 dal letterato Bartolomeo Campi coadiuvato dal giureconsulto Marcantonio Savelli - svolge attività di ricerca, di studio e di pubblicistica.
Tiene periodiche tornate accademiche e organizza convegni, dibattiti e tavole rotonde, seminari e corsi di studio.
Attribuisce  riconoscimenti, premi, borse di studio, patrocini e/o incentivi per ricerche, studi, pubblicazioni e attività di rilevante interesse culturale.
In particolare promuove lo studio, la valorizzazione e la tutela del patrimonio storico, letterario, artistico, musicale e scientifico, dialettale, folclorico, naturale e produttivo della terra di Romagna.
 
Il Comitato della Romagna Toscana per la Promozione dei Valori Risorgimentali ha lo scopo di stimolare l’incontro tra gli Enti, le Istituzioni, le Associazioni esistenti sul territorio e favorire studi di ricerca storica, convegni e borse di studio nelle scuole di ogni ordine e grado; tutto ciò finalizzato a cogliere i principi fondanti della democrazia.
 
Palazzo Fantini é una residenza storica di charme, tra i luoghi del cuore del FAI, roccaforte delle memorie di una famiglia che lo abita da quasi tre secoli.
Dimora patrizia con la facciata elegante e severa in stile barocchetto toscano e un interno caratterizzato da anime diverse: gli ambienti di rappresentanza settecenteschi affrescati e, in piccola parte, in stile neogotico o liberty che ospitano eventi privati, manifestazioni culturali e concerti.
Da ammirare il meraviglioso giardino all’italiana che fa parte del circuito dei Grandi Giardini Italiani.
 
Facinorosi Pontifici è una ricerca storica che ripropone una rilettura granducale del fenomeno del brigantaggio nella Romagna toscana e nelle Legazioni pontificie durante il periodo della seconda Restaurazione dal 1849 alla nascita del Regno d'Italia basata sull'analisi di una gran mole di documenti inediti ritrovati negli archivi toscani. All'interno di questa storia si sviluppa il fil rouge della vicenda umana di don Stiflón.

Inchiesta su don Pietro Valgimigli detto don Stiflón il suo "tesoro" e le sue donne

L'indagine
 
​
Nel 1857 il sottoprefetto di Rocca, sollecitato dal prefetto di Firenze, avvia un indagine su don Stiflón essendo la sua condotta a Tredozio motivo di grande scandalo nella popolazione.
Ma ha difficoltà di trovare fra i maggiorenti di Tredozio chi sia disposto a deporre. Alla fine alcuni accettano a condizione che le loro deposizione sia segreta e che, comunque, non l'avrebbero sottoscritta in caso di un processo pubblico e confermano:
 

che egli tiene ora pratiche scandalose e immorali con diverse donne coniugate e no, ben sporgendo il disordine e la discordia in alcune famiglie. Che impudentemente ha esercitato atti gravissimi e ributtantissimi alla vista altrui. Che esercita illegalmente la medicina. Che professa massime antireligiose e perverse. Che è dedito ai brogli, al giuoco, alla crapula.
Che si mostra dissoluto fino alla nausea, di niuna fede politica, regolato solo dai propri appetiti e dalle proprie passioni, conculcatore di ogni Legge Divina ed umana, prepotente, tenace nelle persecuzioni, temibile nell’ira, dispregiatore di ogni rimorso, pronto e capace di ogni delitto.
 
I testimoni sono:
l’avvocato Pietro Fantini, 53 anni, sposato con figli, possidente:
Andrea Leoni, speziale di Tredozio, 43 anni, sposato con figli, fratello di don Cesare Leoni succeduto a don Pietro nella cura di S. Valentino;
Giuseppe Fabbroni, medico chirurgo venturiere [libero professionista];
Calocero Monti, 68 anni, vedovo con figli, possidente, padre di Anna sposata con Giovanni Ghetti, amante di don Pietro;
Luigi Brenti, 41 anni, con moglie e figli, possidente;
Angiolo Vivoli, 39 anni, di Firenzuola, medico condotto a Tredozio.
La mattina del 15 gennaio 1858 don Pietro viene arrestato a Tredozio mentre sta andando in chiesa a dire messa. Il giorno dopo è trasferito al carcere delle Murate a Firenze senza alcun preciso capo di accusa.
Lo interroga il delegato di Santa Croce che gli contesta la fierezza del carattere e una effrenata tendenza al libertinaggio.

L'istruttoria e i capi d'accusa
 
Mentre don Stiflón è in carcere, in Romagna viene avviata un'inchiesta da parte della sottoprefettura di Rocca.
Sono sentite 126 persone. Gli esaminati espongono il loro pensiero, tutto basato sulla pubblica voce che si divide in tre categorie:
i partitanti che lo assolvono da ogni peccato o comunque lo giustificano;
gli equidistanti che si barcamenano nel dire e nel non dire per questioni di quieto vivere;
gli accusatori, la maggioranza, che sono soddisfatti del suo arresto, ma che non si sbilanciano più di tanto per il timore di un suo ritorno in paese.
 
Gli addebiti contestati a don Stiflón sono:
  1. di cooperazione alla strage della famiglia Lombardi avvenuta per opera della banda Lisagna nella notte dal 5 al 6 Aprile 1851;
  2. di favoreggiamento e ricettazione della suddetta banda nella propria canonica di S. Valentino;
  3. di avere ucciso nel luglio 1853 Angiolo Lama detto Lisagna, e Antonio Ravaglioli detto il Calabrese, e d’aver poco dopo fatto uccidere dalla Forza a S. Valentino Giuseppe Zannelli detto Cesarino allo scopo d’impossessarsi dei loro averi;
  4. di avere dopo la detta uccisione, continuato a tenere relazione coi malviventi superstiti, in particolar modo con Giuseppe Afflitti detto Lazzarino;
  5. di avere tentato di organizzare una nuova banda di malfattori;
  6. di avere messa incinta la giovane Giuditta Villa di Tredozio, sua serva, e tentato di farla abortire a Firenze;
  7. di avere infine tenuto una condotta biasimevole sotto tutti i rapporti ed in specie in quelli della moralità.
 
 La condanna
 
Il 2 giugno il Consiglio di Prefettura, conclusa l'inchiesta, condanna il Sacerdote Don Pietro Valgimigli Parroco di S. Valentino in Romagna alla reclusione per anni tre nello Stabilimento Correzionale per traviata condotta. Il 9 giugno don Pietro è trasferito dal carcere di custodia alla sezione del carcere correzionale.
Uscirà dalle carcere delle Murate di Firenze il primo giugno 1861 scontando una pena più lunga in quanto era entrato in carcere il 17 gennaio 1858.

Il "tesoro"
 
Il 9 luglio 1853, dopo aver ucciso Lisagna e il Calabrese, don Pietro si appropria di quanto hanno indosso: un centinaio di napoleoni d'oro, altrettanti d'argento, diversi anelli e una bella schioppa.
Due giorni dopo, a seguito dell'uccisione del brigante Cesarino nell'agguato a San Valentino, viene ricompensato dal sottoprefetto di Rocca con cinquanta zecchini, la metà di quelli pattuiti perché Lazzarino riesce a fuggire.
In questa occasione si appropria del bottino che i briganti nascosto nel confessionale o sotto la predella dell'altare della chiesa di San Valentino. Si parla di ventimila scudi con cui il prete compra diverse case e un podere, mentre una parte li dà a frutto ad un signore di Forlì. In più riceve una sovvenzione di 400 lire per provvedere alla propria sicurezza personale.
In seguito fa la pace con Lazzarino e gli ridà la porzione dell'oro a lui spettante.
Ai primi del 1855 don Pietro lascia San Valentino e si trasferisce a Tredozio e, dopo una trattativa col vescovo di Modigliana, mons. Mario Melini, gli viene riconosciuta una pensione di mille lire annue ... per la di lui vita naturale.
Ma lo Stato italiano sospende la pensione granducale perché non ha derivazione legale ed è puramente graziosa. Fa ricorso all'Amministrazione del Fondo per il Culto. Vince e la pensione gli viene ripagata, arretrati compresi.
 
Le donne
 
La prima è Lucia Cangialeoni, al suo servizio dal 1848 al marzo 1855, che mette incinta per due volte e poi accasa con Giacomo Tronconi detto Jacmé [Giacomino], il giovane casante-sacrestano di San Valentino. E il secondo figlio muore quasi subito perché il prete la costringe ad allattare un cucciolo di cane a cui tiene molto essendo appassionato cacciatore.
La seconda è Giuditta Villa che subentra alla cugina Lucia. Anche lei rimane clandestinamente incinta e la voce pubblica la indica subito come la sua druda. La ragazza va a sgravarsi dal cugino Bastiano a Val di Varana in parrocchia di Fregiolo. Ma anche dopo averla licenziata, don Pietro mantiene la tresca con quella giovane inesperta.
Al suo posto prende Veronica Tassinari figlia del becchino di Tredozio e sposata con Luigi Poggiolini detto Ciula e Bulone, la donna con cui è sorpreso dai gendarmi sul ponte di Tredozio nel gennaio 1857.
Nel frattempo pratica anche Rosa Billi, che gli fa da moglie e va da lui tutte le notti per quanto, essendo di bassa estrazione, di giorno egli non l'avvicina.
Ed ai parrocchiani spiega che non è peccato l'adulterio, l'incesto e lo stupro, ... e che sono immaginati dai preti per tenere la pace nelle famiglie, ma poi alla fine non sono proibite dal Vangelo.

Intanto inizia anche una liaison con Anna Monti sposata con Giovanni Ghetti, che la stessa Veronica e sua sorella Maria accompagnano a casa del prete e quando i due amanti si appartano in camera, loro aspettano in cucina.
Veronica è rimpiazzata dalla vedova Maria Rinieri che resta al suo servizio dalla Quaresima al Natale del 1857 prestandosi anche lei a fare la mezzana. Siccome è di lingua lunga e racconta tutto alle amiche, don Pietro le proibisce di andare a casa di Assunta Cavina maritata Monti, altra sua amante, dove fa dei lavori domestici; infine la licenzia.
Giuseppe Monti detto il Papa, possidente di Tredozio, 62 anni, vedovo con una figlia già grande, si è risposato con la giovane Assunta Cavina con cui don Pietro ha una relazione. Per continuare a frequentarla va spesso in casa fingendosi amico dello stesso marito, facendo da maestro ai suoi bambini e procurando il maritaggio alla figliola per rimaner libero. Un muratore di Tredozio li scopre in un bosco in attitudine oscena e una certa Rosanna moglie di Bastiano Samorì andando un giorno in casa Monti trova l'arciprete e l'Assunta abbracciati.
QuUando la famiglia Monti rimane senza serva, don Pietro chiede ad Assunta di assumere Giuditta Villa, che ha appena licenziato perché di nuovo incinta, all'oggetto esclusivo di praticarla. Ma la pancia cresce, la ragazza non è in grado di prestare più il servizio di prima dicendo che si sente male, si licenzia e va a servizio presso una famiglia fiorentina. Don Pietro si reca a Firenze per procurarle mercé dei medicinali un violento aborto. Qualche impedimento ostacola questa pratica e la ragazza è ricoverata nel reparto delle gravide vergognose all'Ospizio dell'Orbatello e il figlio della colpa viene abbandonato nel vicino Spedale degli Innocenti che accoglie i cosiddetti gettatelli, innocentini o nocentini.


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