una proposta attuale
di Dino Valli, sindaco di Portico e San Benedetto
Parlare con le immagini, raccontare con le immagini, non solo ricordare: questa è l’intenzione di Pier Luigi Farolfi.
Attraverso una serie di fotografie in cui si accomunano l’efficacia rappresentativa e l’amore per i suoi luoghi e per la sua gente, l’autore ha voluto presentare uno squarcio della realtà di un piccolo paese, Portico di Romagna, antico borgo medioevale dell’Appennino Forlivese, e dei paesi vicini.
Il suo paese: tratteggiato in qualche angolo caratteristico, in quelle immagini di campagna non opulenta, ma soprattutto nei personaggi vivi e significativi, sempre modesti, di una modestia struggente, quasi d’altri tempi.
Sono fotografie attuali che documentano la vita di ogni giorno, così come trascorre ancora da noi.
Il rapporto umano ha ancora un significato nelle piccole realtà sociali dei paesi lontano dai grandi centri: Farolfi vuol dire anche questo con le sue immagini.
Ci sembra quasi di sentirlo il ritmo tranquillo della giornata di paese, lontani dall’affrettarsi frenetico della metropoli o anche solo del movimento della cittadina di provincia.
Qui la vita ha mantenuto il senso di una giusta misura fra consumismo e tradizione.
Vorremmo sperare che fosse sempre così, ma non sappiamo fino a quando gli artigli della modernità esasperata troveranno valida resistenza nel tessuto sociale dei piccoli borghi.
Se il moderno a tutti i costi dovesse trionfare, allora l’opera di Farolfi – che oggi è ancora attualità – diverrebbe documento, doppiamente prezioso, per tutti, per gli anziani come per i giovani.
L’intento dell’autore, come degli amministratori pubblici che hanno favorito l’iniziativa è – oltre al soddisfacimento di un personale bisogno di ritrarre luoghi, fatti e persone a cui si vuole bene – anche quello di far conoscere il proprio paese a chi ancora non lo conosce, di ricordarlo ai tanti che lo hanno lasciato da molto tempo o anche solo da pochi anni, perché sorga in loro il desiderio di ritornare e di esprimerci un giudizio su come abbiamo saputo conservare la nostra identità culturale, il nostro tessuto umano, l’aspetto urbanistico del paese, il gusto della vita insieme, dell’ospitalità fraterna, della solidarietà.
Forse ci siamo lasciati prendere dal sentimento; forse vorremmo che le immagini di Farolfi ci dicessero troppe cose che egli non ha avuto l’immodestia di voler dire.
In realtà, le belle immagini di Farolfi ci hanno affollato nell’animo molte sensazioni; il resto lo ha fatto l’amore che portiamo per il nostro paese, per la natura che lo circonda, per la gente che lo fa vivere.
Attraverso una serie di fotografie in cui si accomunano l’efficacia rappresentativa e l’amore per i suoi luoghi e per la sua gente, l’autore ha voluto presentare uno squarcio della realtà di un piccolo paese, Portico di Romagna, antico borgo medioevale dell’Appennino Forlivese, e dei paesi vicini.
Il suo paese: tratteggiato in qualche angolo caratteristico, in quelle immagini di campagna non opulenta, ma soprattutto nei personaggi vivi e significativi, sempre modesti, di una modestia struggente, quasi d’altri tempi.
Sono fotografie attuali che documentano la vita di ogni giorno, così come trascorre ancora da noi.
Il rapporto umano ha ancora un significato nelle piccole realtà sociali dei paesi lontano dai grandi centri: Farolfi vuol dire anche questo con le sue immagini.
Ci sembra quasi di sentirlo il ritmo tranquillo della giornata di paese, lontani dall’affrettarsi frenetico della metropoli o anche solo del movimento della cittadina di provincia.
Qui la vita ha mantenuto il senso di una giusta misura fra consumismo e tradizione.
Vorremmo sperare che fosse sempre così, ma non sappiamo fino a quando gli artigli della modernità esasperata troveranno valida resistenza nel tessuto sociale dei piccoli borghi.
Se il moderno a tutti i costi dovesse trionfare, allora l’opera di Farolfi – che oggi è ancora attualità – diverrebbe documento, doppiamente prezioso, per tutti, per gli anziani come per i giovani.
L’intento dell’autore, come degli amministratori pubblici che hanno favorito l’iniziativa è – oltre al soddisfacimento di un personale bisogno di ritrarre luoghi, fatti e persone a cui si vuole bene – anche quello di far conoscere il proprio paese a chi ancora non lo conosce, di ricordarlo ai tanti che lo hanno lasciato da molto tempo o anche solo da pochi anni, perché sorga in loro il desiderio di ritornare e di esprimerci un giudizio su come abbiamo saputo conservare la nostra identità culturale, il nostro tessuto umano, l’aspetto urbanistico del paese, il gusto della vita insieme, dell’ospitalità fraterna, della solidarietà.
Forse ci siamo lasciati prendere dal sentimento; forse vorremmo che le immagini di Farolfi ci dicessero troppe cose che egli non ha avuto l’immodestia di voler dire.
In realtà, le belle immagini di Farolfi ci hanno affollato nell’animo molte sensazioni; il resto lo ha fatto l’amore che portiamo per il nostro paese, per la natura che lo circonda, per la gente che lo fa vivere.