Un ritratto a Pitti
Il primo piano, frontale, diretto, di Emilio Zocchi, scultore ottocentesco, mi turba. L’espressione corrucciata, lo sguardo pungente, la bocca serrata, mettono a disagio. Le braccia conserte e il pugno chiuso che stringe lo scalpello come un’arma lo allontanano ancora di più. Inoltre il copricapo rosso ornato di una corona di cerchi bianchi dà un senso di stravaganza, quasi a volersi distinguere dal formalismo borghese dell’epoca.
O, forse, con la spolverina ancora intonsa riflette su ciò che andrà a creare, con lo sguardo perso nel vuoto e la mano contratta in un gesto di tensione emotiva.
O ancora, forse, ha concordato l’atteggiamento col pittore a cui ha commissionato il ritratto per dare spessore e carisma alla sua personalità di artista.
O in realtà, forse, è un giovane aperto e gaudente con cui trascorrere piacevolmente liete serate.
L’esperienza insegna che quasi mai il primo impatto con una persona è veritiero; ognuno tende a proporsi per quello che crede o vorrebbe essere mentre è la frequentazione che consente la conoscenza di ciò che si è. Mi è stato chiesto se sia un tipo da evitare in ascensore o da andarci insieme in treno. Dopo queste riflessioni trovo la sua compagnia un motivo di crescita e di divertimento reciproco perché ciò che conta è saper cogliere il lato buono delle persone, visto che a farci male già ci pensano gli altri.
Piero Farolfi